Iran | Storia

Impressioni dell’Iran/2Il sito di Persepoli

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Questo contributo consta di due articoli :

1. Impressioni dell’Iran/1, breve storia dell’Iran pre-islamico e i siti di Naqsh-e Rostam e Naqsh-e Rajab

2. Impressioni dell’Iran/2, Persepoli


Impressioni dell’Iran/2

Persepoli (Takht-e Djamshid)

I lavori di costruzione di Persepoli, la città reale degli Achemenidi, cominciarono verso il 518/515 a.C, sotto Dario I° il Grande; la fondazione della città è attestata da quattro iscrizioni su una roccia incastrata nella facciata del grande terrazzo di Persepoli. Due di queste iscrizioni sono in persiano antico, le due altre in elamita e in babilonese. Dopo la morte del re, i suoi successori continuarono i lavori fino nel 330 a.C, quando Alessandro il Grande, vittorioso dei Persiani, incendio’ la città dopo averla saccheggiata.

Costruita sulle pendenza del monte Rahmat, la città riposa su una grande piattaforma parzialmente intagliata nella roccia naturale ; in parte fu costruita per mezzo di grossi blocchi di pietra irregolari, giustapposti senza mortaio, uniti per mezzo di graffe in ferro fissate col piombo fuso.

Sul lato Ovest della piattaforma, una grande scalinata doppia dà accesso alla città; i suoi parapetti merlati erano ornati con interstizi a quattro gradini.

Sulla piattaforma, si scorge una grande entrata detta Porta di tutte le Nazioni, costruita sotto Serse I°, nel 486 a.C. Fu chiamata cosi’ perchè in occasione della festa del Nowruz (Anno nuovo persiano), dava passo ai rappresentanti di tutti i paesi vassalli dell’impero. La sua anticamera quadrata era dotata di quattro colonne di 16.5 m d’altezza e di tre porte di 10 m d’altezza ciascuna. Una panca in pietra addossata ai muri del vestibolo serviva da anticamera per gli ospiti del re. Gli stipiti del portico Ovest erano ornati con giganteschi tori custodi scolpiti nella pietra; quelli del portico Est di tori alati a testa umana d’ispirazione assiriana.

Numerosi viaggiatori hanno inciso sugli stipiti dei portici e persino sui tori, i loro nomi e le date delle visite a Persepoli.

Al di sopra dei tori figurano delle iscrizioni cuneiformi in persiano antico, elamita e babilonese che enunciano la costruzione della porta e di altri edifici da parte di Serse I° con il concorso del dio Ahuramazda.

Il Viale dell’esercito, lungo 92 m e largo 10, collega la Porta di tutte le Nazioni alla Porta incompiuta e al portico Nord della Sala delle cento colonne. Su ogni lato del viale si trovavano spessi muri in mattoni non cotti provvisti di nicchie ad intervalli di 7 m; al Sud, stavano le guardie durante le cerimonie, al Nord, gli operai ed i muratori. Lungo il viale, i restauratori posero due capitelli doppi ritrovati all’epoca degli scavi , che rappresentano delle aquile-grifoni dette Homsa.

I resti della Porta incompiuta, situata al Nord-est dell’entrata, indicano che la struttura non venne terminata. Disseminati per terra, si vedono dei blocchi in pietra lavorati grossolanamente, destinati alle basi, nonchè capitelli di colonne; alcuni pilastri di portici furono parzialmente eretti. I resti dimostrano chiaramente quali furono i metodi di costruzione per mezzo d’impalcature in legno, così come i metodi di scultura che partivano dall’alto per scendere poi verso il basso.

E’ tuttora possibile rintracciare le linee delle fortificazioni di Persepoli in mattoni crudi, che un tempo proteggevano la città all’Est e al Nord. Nell’angolo Nord-est furono scoperti degli archivi contenenti 34’000 tavolette con iscrizioni in elamitico relative alle attività dei funzionari dell’impero : in particolare i pagamenti degli stipendi agli operai, messaggeri, preti e dignitari durante i lavori di costruzione della Città, segno che il lavoro era salariato e non basato sulla corvé o la gratuità.

L’Apadana o Sala delle udienze è il principale edificio ufficiale di Persepoli, iniziato sotto Dario I° e terminato da Serse I°. La sala aveva un soffitto sostenuto da alte colonne di cui alcune sono tuttora in piedi.

Sul muro Est dell’Apadana, ai due lati di una scala d’accesso al palazzo, si possono vedere dei bassorilievi che rappresentano, al Nord i delegati dei 23 paesi vassalli dell’impero venuti offrire dei regali al re all’occasione della festa del Nowruz o Anno Nuovo persiano, al Sud dei guerrieri, dignitari e servitori.

Ogni gruppo di delegati è guidato da un ciambellano in costume persiano o medo ed è separato dagli altri gruppi da un cipresso. A differenza di scene analoghe di origine assiriana, egiziana o babilonese, le delegazioni mostrano un’aria tranquilla e serena, facendo pensare piuttosto a degli ospiti liberi ed invitati che a degli schiavi, forzati a prosternarsi davanti al trono reale. L’origine dei delegati è riconoscibile a partire dagli abiti, le pettinature e i regali che portano con se; si riconoscono i medi, gli elamiti, gli ariani di Herat, gli aracosiani, i battriani, i sagartiani di Yazd, gli armeni, i babilonesi, gli assiri, gli sciiti o saka, i gandhariani della valle di Kabul, gli amorgiani, i lidi, i cappadociani, gli ionici, i parti, gli indù del Sindh, i traci, gli arabi del Giordano e della Palestina, i drangiani del Seistan, i libici, gli egiziani e gli etiopiani. La sfilata di questi popoli del mondo antico, dispersi su un immenso territorio, offre un’idea dell’universalità attribuita all’impero persiano.

Sulla scala del lato Nord dell’Apadana si trovava un bassorilievo che rappresentava una scena d’udienza concessa da Serse I° e suo figlio Dario ad un emissario dei medi. Tuttavia, tale bassorilievo è stato sostituito con un altro e, dopo essere stato scoperto in Tesoreria da parte degli archeologi, è stato depositato al Museo nazionale di Teheran.

Il motivo del leone che assalta un toro, molto frequente a Persepoli, appare su due sezioni triangolari della scala: oggetto di varie interpretazioni, il motivo sembra essere d’origine astronomica e rappresentare la relazione tra il sole (il leone) e la luna (il toro).

Secondo le sue dimensioni, la Sala delle Cento colonne, o Sala del trono, al Nord-est del terrazzo, è in seconda posizione. Costruita da Serse I° verso l’anno 470 e finita da suo figlio Artaserse I° intorno al 450, presentava un tetto sostenuto da cento colonne in fine pietra nera, alte ciascuna 14 m; erano sormontate da protomi a doppia testa di toro. In Oriente questo tipo di decorazione è apparso all’epoca degli achemenidi.

La sala era certamente destinata alle udienze che il re dei re concedeva ai dignitari e comandanti militari dell’impero. Si contavano 8 portici: il portico Nord possedeva 16 colonne e i suoi due pilastri laterali erano muniti di grandi tori custodi. I bassorilievi dei portici Est et Sud riprendono la scena dei delegati dei paesi vassalli che stavolta portano sulle spalle il trono reale.

Costruito sotto Artaserse I°, il Tripylon o Palazzo dai tre portici, detto pure Sala del Consiglio, è un piccolo palazzo con tre portici, collegato per mezzo di appositi corridoi ai palazzi che lo circondano (Apadana, Sala delle Cento colonne). Il piano quasi quadrato del palazzo comprende una grande sala centrale il cui tetto riposava su quattro colonne in pietra. L’entrata principale si trova sul lato Èst; il portico Nord si apre su un terrazzo a due colonne collegato da un paio di scale alla parte Sud dell’Apadana. Sulla scala si trova una scena d’udienza identica a quella che si vede nell’Apadana, sulla scala Est, al lato Nord. Il portico Sud si apre su un terrazzo simile, da dove è possibile raggiungere lo Hadish di Serse. Gli stipiti del portico portano un bassorilievo che mostra il re mentre esce dalla sala seguito da due servitori; la scena è sorvolata da una rappresentazione della Fortuna iraniana. La sala centrale aveva un tetto che riposava su quattro colonne di pietra, sormontate da protomi a forma di due busti di animali dalle teste umane opposte. A prova della volontà dei costruttori di rispettare certe regole astronomiche, la sala presenta un piccolo cerchio inciso al centro della lastra, dove in certi giorni dell’anno i raggi del sole si allineano ad una linea tracciata al centro del cerchio.

Il palazzo privato di Dario I° o Tachara è un’affascinante struttura localizzata al Sud-ovest dell’Apadana, tre metri più in su. La superficie dei suoi muri è così finemente levigata che in certi posti la pietra riflette le immagini: per questa ragione la residenza è anche stata chiamata Sala degli specchi. Consisteva in una sala quadrata, dotata all’origine di 12 colonne in legno ricoperte di gesso multicolore, circondata al Sud da un portico con 8 colonne, al Nord da due locali con 4 colonne ciascuna e sugli altri lati dalle sale delle guardie. Cominciato da Dario I°, il palazzo fu terminato da Serse I°: entrambi, come pure i loro accompagnatori, sono rappresentati sugli stipiti dei portici Nord e Sud della sala principale nell’atto di entrare e di uscire. I loro ornamenti, orecchini, braccialetti, false barbe e corone, erano lavorati con metalli preziosi incastonati nella pietra. Furono saccheggiati da Alessandro e le sue truppe nel 330 a.C. Una scala doppia ornata di figure di preti o servitori nell’atto di portare alimenti o stoviglie, oppure degli animali vivi, conduce dal cortile Sud al portico Sud. Più tardi, Artaserse III (356-336) costruì una piccola scala sul lato Ovest del palazzo e fece decorare la sua facciata con dei delegati portatori di doni.

Il Tachara può essere considerato come un museo della storia della calligrafia, dato che sui suoi muri figurano iscrizioni di epoche diverse : testi cuneiformi scritti da Dario I°, Serse I° e Artaserse III; testi in medio persiano scritti dagli scribi sasanidi, scritti kofik poi persiani dell’epoca dei re buidi, selgiukidi e timuridi, principi e governatori safavidi e qajiar.

Infine, lo Hadish è un palazzo privato, attualmente in rovine, costruito sotto Serse I°; ancor oggi si può osservare la traccia delle fiamme devastatrici accese da Alessandro Magno. È costruito al livello più elevato del terrazzo della città e in certi posti si può intravvedere la superficie del suolo, così come il drenaggio sotterraneo tagliato nella roccia. Il palazzo consiste in una sala principale con 36 colonne, circondate da un portico con 12 colonne.



 

Reperti ritrovati a Persepoli e depositati al Museo nazionale di Teheran


 

Cosimo Nocera è storico e guida del Museo nazionale di Bangkok. Ha vissuto e lavorato in Italia, Svizzera e in America andina (Perù, Ecuador e Bolivia). Dopo un lungo soggiorno in Asia del Sud-Est, vive attualmente in Svizzera francese.

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